Nucleare? No, grazie

In barba al risultato del referendum del 1987, quando gli italiani a grande maggioranza si pronunciarono contro il nucleare, il governo Berlusconi tenta di far passare “sottotraccia” la reintroduzione delle centrali nucleari in Italia attraverso una legge “spezzatino” che contiene di tutto e di più e che ha anche la spudoratezza di non citare questa scelta scellerata nel titolo. È evidente che per Berlusconi e Scajola (Ministro per lo Sviluppo Economico), si tratta soprattutto di fare un grande favore “all’amico Sarkozy”, il quale potrà così piazzare prodotti e tecnologie obsolete. Lo stesso “presidente abbronzato” Obama, va in tutt’altra direzione, e non sarà un caso se da oltre venti anni negli USA i privati non costruiscono più centrali nucleari. Il Governo sostiene tra l’altro una balla colossale sulla presunta “convenienza” del nucleare. Tralasciando che prima di tutto vengono tutela dell’ambiente e salute delle persone, i conti del nucleare sono truccati. La questione delle scorie radioattive, in particolare di quelle di durata fino a centomila anni, ha ad esempio un costo enorme se caricato sugli impianti e non sulla collettività come si vorrebbe fare in realtà, inoltre sottostima di almeno il 50% i costi di costruzione delle centrali e trascura che l’uranio, come il petrolio, è in quantità limitata nel tempo (30-60 anni). E il costo dell’energia? La tabella preparata dal comitato scientifico di Sinistra Democratica, dimostra che il nucleare costa di più di ogni altra fonte. Questo vuol dire che, con buona pace dei conti pubblici, lo Stato dovrà tirare fuori, piaccia o no, miliardi di euro dei cittadini senza i quali i privati non investiranno. Le reazioni e le prese di posizione nel paese (vedi piano Cgil-Lega Ambiente e presidio del Senato), l’improvviso “risveglio” del Pd sulla questione del nucleare (anche se al suo interno permangono componenti filo-nucleari !), e la contrarietà anche di qualche amministratore di centro-destra, fanno ben sperare. Solo con una seria politica nazionale e locale, che promuova l’innovazione e renda più efficiente e sostenibile il modo con cui produciamo l’elettricità e il calore, si muovono le persone e le merci, consumiamo energia negli edifici e produciamo beni, l’Italia riuscirà a dare il suo vero contributo alla lotta ai cambiamenti climatici, rispettando la scadenza del 2020 dell’accordo comunitario 20-20-20 (Ridurre del 20% le emissioni di CO2 del 1990, aumentare al 20% il contributo delle rinnovabili al fabbisogno energetico, ridurre del 20% i consumi energetici).

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